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DENSITOMETRIA OSSEA CON TECNICA AD ULTRASUONI A LIVELLO CALCANEARE
 

Nei pazienti , specialmente nelle donne , di età avanzata il problema delle Osteoporosi è importante. Noi ne vediamo diverse in quanto visitiamo molte persone anziane che presentano ulcere agli arti inferiori. Spesso poi queste persone sono in trattamento con cortisone e quindi presentano una fragilità ossea.

Per tale motivo abbiamo voluto compare alcuni esami o meglio tecniche per valutare lo stato osseo e il grado di osteoporosi e quindi i pericoli di  frattura ai quali vanno incontro.

Abbiamo chiesto allora al Dr Francescon di valutare le varie tecniche a disposizione e qui riportiamo quanto da lui scritto dopo studi e valutazioni

Riportiamo allora questo  interessante articolo del Dott. Alessandro Francescon, nel quale Egli descrive la tecnica Densitometrica ad Ultrasuoni di cui si avvale nell’Ambulatorio di Osteoporosi della Clinica Rizzola di San Donà di Piave nella Valutazione Clinica dei pazienti Osteoporotici o in prevenzione. Attraverso l’analisi di rilevanti Studi Internazionali descrive le caratteristiche fisiche, le indicazioni e i campi di applicazione dell’ultrasuonografia ossea quantativa (QUS) con studio del calcagno.  Questa tecnica viene confrontata  con altre tecniche diagnostiche altrettanto conosciute che utilizzano invece le radiazioni ionizzanti. I risultati e le conclusioni sono molto interessanti e promettenti .

DENSITOMETRIA OSSEA CON TECNICA AD ULTRASUONI A LIVELLO CALCANEARE

 A cura di : Dott.Alessandro Francescon, Specialista in Geriatria e Gerontologia

 Ambulatorio di Osteoporosi-Casa di Cura Sileno e Anna Rizzola, San Donà di Piave (Ve)-

L’Ultrasuonografia ossea quantificativa (QUS), è stata introdotta nella pratica clinica per lo studio del tessuto osseo ormai da più di 20 anni. Le caratteristiche più significative di tale metodica riconosciute sono: semplicità di esecuzione, bassi costi, non utilizzo di radiazioni ionizzanti etc , tutti fattori che la rendono ben accettata ai pazienti. La metodica consente di ottenere informazioni sia  sulla densità dell’osso, fattore quest’ultimo correlato con il rischio di frattura, sia  sulla struttura e sulla resistenza meccanica del tessuto osseo.

Le sedi di studio  piu’ usate sono le falangi e il calcagno anche se possono essere esaminate ossa piatte, metacarpo, tibia, radio e omero. Il calcagno, che è costituito quasi completamente da osso trabecolare, così come le vertebre, ha il vantaggio di avere delle superfici esterne piatte, omogene e parallele, adeguate quindi  allo studio geometrico di propagazione del fascio di ultrasuoni.

Il principio fisico su cui si base questa tecnica è che l’onda meccanica rappresentata dal fascio ultrasuonografico quando attraversa il tessuto osseo subisce delle modificazioni (frequenza, intensita, velocità di propagazione e attenuazione etc) a seconda delle caratteristiche strutturali, elasticità o porosità dell’osso. L’onda ultrasonora viene prodotta tramite speciali sonde, una trasmittente e l’altra ricevente, ben distinte, tra le quali viene posizionato il segmento osseo da valutare. Vengono determinati pertanto alcuni parametri: la velocità di propagazione (SOS,Speed  of  sound), l’attenuazione dell’onda (BUA, Broadband Ultrasound Attenuation).  Dall’elaborazionedi questi due parametri viene ricavato un altro indice denominato QUI( Quantitative Ultrasound Index) che si è dimostrato utile in modo particolare nella diagnosi di osteoporosi in quanto consente di identificare i soggetti con bassa densità minerale ossea e quindi a rischio di frattura.

La validità delle misure densitometriche periferiche, ampiamente dimostrata come predizione del rischio di frattura, viene documentata anche  dal recente Studio Americano NORA, eseguito su una popolazione di oltre 200.00 donne . Diverse altre ricerche hanno dimostrato una stretta associazione  tra la densità, le caratteristiche strutturali dell’osso trabecolare come la porosità e l’elasticità e gli indici densitometrici.

Per quanto riguarda il confronto della metodica ad Ultrasuoni con altre a raggi X (DEXA, QCT assiale e periferica, radiogrammetria metacarpale) va riferito come lo Studio Multicentrico Europeo (PhOS), condotto su più di 10.000 donne ha ampiamente dimostrato come la metodica QUS abbia una elevata  precisione. Ad una analisi approfondita  dei risultati delle due metodiche non sono state riscontrate differenze significative della misura della densità ossea.

Hart e collaboratori nello Studio BOS, hanno  dimostrato che le misurazioni a livello del calcagno e della falange sono sovrapponibili a quelli ottenuti con la DEXA assiale. Continuando ad esaminare la tecnica ad ultrasuoni, risulta anche che Gluer et.al. in uno Studio Europeo sulle fratture vertebrali ha concluso che i parametri ultrasonografici sono associati ad alterazioni osteopeniche vertebrali.

Altri Autorevoli Studi condotti mediante ultrasonografia al calcagno hanno rilevato la capacità della metodica di valutare gli effetti delle terapie antiosteoporotica a determinati intervalli temporali. Tra i farmaci sono stati studiati:calcitonina,HRT,Bifosfonati, terapia ormonale sostitutiva e la calcitonina.Molteplici altri studi sono stati condotti sull’osteoporosi indotta da corticosteroidi, artrite reumatoide, osteodistrofia renale, sindrome di Cusching, osteomalacia, talassemia, fibrosi cistica.

Dato assai interessante è che la QUS, in considerazione dell’assenza delle radiazioni ionizzanti, è stata proposta come strumento di indagine sulla popolazione infantile, neonati e prematuri per studiare alterazioni del tessuto osseo diverse dall’osteoporosi, con le disposizioni Europee quali la 97/43 Euratom, recepita anche in italia con il decreto Legislativo in materia di protezione sanitaria  delle persone connessa all’esposizine a radiazioni che prevede di utilizzare “tecniche alternative disponibili che si propongono lo stesso obiettivo,ma che non comportano un’esposizione alle radiazioni ionizzanti (….).”

Va citata, infine, che la   nota AIFA 79  del Ministero della Sanità, che consente la  prescrivibilità  da parte del S.S.N e quindi gratuitamente , secondo precisi criteri, di alcuni farmaci contro l’osteoporosi   valutata anche con la metodica  strumentale  ad Ultrasuoni  QUS al  calcagno , mentre altre ne sono state escluse.

          In conclusione, si può osservare che  l’evoluzione tecnologica  permette  attualmente di valutare la densità ossea con strumenti sempre meno invasivi. La tecnica che utilizza gli ultrasuoni rappresenta una metodica equilibrata tra l’assenza di invasività e la precisione diagnostica. Pertanto, poiché l’obiettivo clinico primario della diagnosi di osteoporosi si fonda sulla necessità di prevenire le fratture, le persone a rischio di osteoporosi ( donne in menopausa, anziani spesso affetti da polipatologia), possono sottoporsi con fiducia a questo esame  strumentale  sia a  fini preventivi che terapeutici.

Per maggiori approfondimenti:

Rosenthal et.al.: A correlative study of ultrasound calcaneal and dual X-ray absorptiometry bone measurament of the lumbar spine and femur  in 1000 women  Eur J Nucl Med 1995 22:402-406

Hartl et al: Result of the Bbasel Osteoporosis Study J Bone Miner Res 17:321-330,2002

Rubinacci etal.: QUS investigation of Bone in Preterm Infant Ann Meeting  Amer Soc for Bone Toronto 2001

C.C Gluer The OPUS Study-Annual  Meeting of American Society of Bone Mineral Research  October  2001

 

 
Consigli per infermieri e medici sulla elastocompressione
 

Consigli  per infermieri e medici sulla elastocompressione

 Diamo qui alcuni consigli pratici per evitare complicanze o un uso non corretto nella elastocompressione

Quando si esegua una elastocompresisone si deve  considerare che 

 – Il bendaggio deve essere  eseguito a partire dal piede, verso l’alto;

 – Il piede va mantenuto per tuitta la fasciatura a 90%;

 – La compressione deve essere decrescente dal basso verso l’alto;

 – Intorno alle articolazioni, bendaggi devono essere eseguiti  a 8 o a lisca di pesce

 – Nel bendaggio di gamba si deve arrestare la benda alla testa del perone;

 – Cercare di  proteggere le aree tendinee;

 – Cercare di mantenere una tensione costante;

 – Ricordarsi di avvisare il paziente delle possibili complicanze ed istruirlo nella rimozione, praticamente come un consenso informato

 Vediamo che materia possiamo avere per il bendaggi

 Le bende di fissaggio elastiche autoaderenti  comprendono quelle morbide e quelle del  Gruppo del “Peha haft”

 Vi sono poi le bende di supporto  che hanno elevata pressione di lavoro e bassa pressione di riposo che consente di indossarle anche a riposo.  Queste possono essere con una elasticità al 90%  oppure del gruppo delle bende “tipo Ideal”

 Vi sonbo ancora le bende elastiche  che possono essere bende tubolari ,tipo “Prontogrip”  o bende ad elasticità lunga, media, corta

 Ancora troviano  le bende per il bendaggio alle paste che può essere

 1) All’ossido di zinco o zinco + ittiolo

 2)  Gruppo del “Viscopaste” ed “Ichthopaste”

 Ancora troviamo le bende elastoadesive che possono essere usate  per il bendaggio fisso  o le bende del gruppo del “Tensoplast”

 Altre bende sono  le bende coesive ad elasticità corta che possono essere  ad alta pressione di lavoro e bassa di riposo  e quelle del gruppo  del “Co-plus”

 E per ultime possiamo a vere le bende per un bendaggio multistrato ad alta compressione  

 

Vediamo ora le  LE CALZE ELASTICHE : quali sono e come si usano-

Infatti la elastocompressione oltre che con un bendaggio, può essere effettuata tramite la calza elastica.

Le calze elastiche  può essere di tre tipi principalmente

1. Preventive  2. Terapeutiche 3. Antitrombo

Le calze agiscono attraverso una tensione predeterminata della fibra elastica.

Devono essere i medici a prescrivere la calza elastica adatta al soggetto e ala sua aptologia  Il medico o l’infermiere devono  prendere le misure dell’arto per determinare la calza idonea.

 Le calze Preventive Si misurano in DEN che indicano il calibro del filo elastico.

Trattasi di una calza  confezionata di una maglia tubulare che, inseritasu un modello metallico, viene termosaldata per darne forma.

 Vengono impiegate in assenza di malattia quando  si rilevino fattori di rischio e su questi vanno calibrate.

 In Pratica vi sono le calze a 40 DEN, quelle a 70 DEN e quelle a 140 DEN  e la divisione è a secondo i fattori di rischio del soggetto

I fattori professionali, soprattutto la stazione eretta e la temperatura, vanno tenuti in grande considerazione.  

Ricordiamo che una calza preventiva non costituisce  una terapia. Per favorirne l’uso è importante far sapere  al paziente come non debba essere indossata in modo continuativo ma portata durante la fascia oraria di maggior carico .

 Le calze terapeutiche:

 Si misurano in mmHg e sono suddivise in 3 classi (K)

 1) K1 = mmHg 15 – 21       2) K2 = mmHg 23 – 32     3) K3 = mmHg 34 – 46

 Quali sono le indicazioni dei vari tipi di calze ?

 Le calze di Classe K1  vanno bene per l’edema serale reversibile  per le varici

 Le calze  di Classe K2  vanno bene per le  varici con edema permanente

 Le calze di calsse K3 sono indicate per esiti TVP per varici con fibrosi sottocutanea, per esiti di TVP sottopoplitea, per edema non reversibile, per ulcera cicatrizzata  

 Le calze antitrombo hanno delle indicazioni che seguono i protocolli che noi stessi abbiamo messo nel sito e si oprega di rivedere tali protocolli. In ogni caso sono indicate per  la prevenzione della TVP. ,nel periodo perioperatorio e vanno rmosse solo a piena mobilizzazione.

 Se vogliamo fare schematicamente  un riassunto possimao dire che nelle indicazioni e nelle controindicazione   dobbiamo tenere presente i seguenti principi generali

  La prescrizione di una calza non confortevole non è utile perchè non verrà  indossata e quindi risultarebbe inutile

La calza deve essere indossata dal paziente e quindi deve avere una compresisone che permette al paziente l’uso. Dobbiamo tenere presente oltre alla patologia di base  l’età del paziente, la forza fiusica, se il paziente è anche arteriopatico, se vi sono problemi di deambulazione e lo stato delle articolazioni, la compliance e il trofismo cutaneo.

 Ricordiamo che la calza deve essere indossata al mattino prima della comparsa dell’edema e mantenuta il più a lungo possibile, e, se possbile, fino al momento di andare a dormire.

Ricordiamoci sempre di parlare al paziente e spiegare  come si indossa la calza e come si usa e come si toglie. In genere è consigliabile usare le calze durante la notte . La calza deve essere ben tesa e terminare alla testa del perone.

Questi sono dei consgli ma sarà bene che il medico abbia un rapporto sincero con il paziente e spieghi sempre le indicazioni conoscendo bene la patologia dle paziente e i suoi stili di vita

 
Parliamo di elastocompressione: cosa si intende . Vantaggi e svantaggi
 

Cosa si intende per Elastocompresisone

 

L’elastocompressione può essere fatta risalire a Celso, ma venne usata da Henry de Mondeville nel 1320 per dominare l’edema e, estesa a tutto l’arto, per guarire le ulcere . Gerolamo Fabrizio da Aquapendente per primo descrisse  le

valvole venose, e nel 1603  parlò dell’elastocompressione nella cura delle ulcere e fu il primo ad adottare gambaletti. Richard Wiseman descrisse nel 1676 che l’insufficienza valvolare fosse legata alla dilatazione delle vene e venne considerato il primo ad usare il termine “ulcera varicosa”

 Nel 1771 apparvero le prime pubblicazioni esclusivamente dedicate ai metodi di compressione. Nei tempi moderni  vennero prodotti numerosi mezzi di contenzione.  e di bendaggi. Negli anni 20 e successivi iniziò la produzione industriale  dell’Elastoplast della Lueschen e Boemper. Un passo avanti venne dal dermatologo Unna che inventò  la pasta all’ossido di zinco  che lui usata per curare le dermatiti da stasi venosa ma poi  impiegata  con un

bendaggio, per la terapia com pressiva.

 

Con l’avvento della scleroterapia  per la terapia delle ulcere da flebostasi  l’elastocompressione  passò in secondo piano ma negli anni recenti si vide che la scleroterapia non era semplice da praticare, non era alla portata di tutti i centri e se non usata in modo corretta poteva dare complicanze anche importanti.

 

La terapia elastocompressiva  serve a vicariare la deficienza della pompa muscolo-cutanea dovuta a deficit del flusso venoso o linfatico per precedenti patologie del cirtcolo profono o superficiale o linfatico. IN tale maniera si ottiene una riduzione o una  scomparsa o una  prevenzione della formazione di edema . Si ottiene in altri casi una attenuazione del sovraccarico del sistema venoso superficiale  con la continenza delle vene varicose comunicanti insufficienti con valvole alterate da processi flebitici o trombotici  che le hanno alterate.

E’ importante ed è uno sbaglio che spesso si osserva il non stare attenti alle arterioaptie anche minime. La elastocompresisone può accentuare il minor afflusso di sangue arteriso aumentando a volte anche l’edema.

Come avvine il meccanismmo di terapia o prevenzione per la patologia ulcerosa tramite la elastocmpresisone ?

Viene ridotto  l’edema che aumenta lo spazio tra tessuto e vasi nutrizi e si interrompe il circolo vizioso che causa o maniene  l’ulcera. Infatrti  I bendaggi  esercitano una pressione che contrasta il ristagno di liquido sia nel comparto intravasale che a livello tissutale.

Tutti i bendaggi tendono a ridurre la pressione esercitata con il passare del tempo. e quindi devo essere sostituiti nel tempo e con modalità variabili da soggetto a soggetto a secondo della patologia

I bendaggi possono essere mobili ( 12-48 ore) o fissi ( 4-21 giorni)

La elasticità varia da lunga, media e corta a secon do della estensione

Il Bendaggio fisso può essere alle paste, coesivo o adesivo

L’uso del bendaggio e’ indicato quando vi siano i segni della stasi e/o l’edema.

Si coinsiglia il bendaggio mobile che può essere autogetsito o eseguto da un servizio domiciliare o Fisso quando si può accedere alla ferita ad intervalli prefissati e lunghi.

Il bendaggio elastocompressivo trova indicazione nel trattamento di lesioni ulcerative croniche dell’arto inferiore. Le modalità di confezionamento sono subordinate all’ etiologia della lesione.

Vi è il Bendaggio 4 Layer che è costituito dal sovrapporsi di quattro bende ( cotone di germania,  benda di fissaggio,  benda ad elasticità lunga,  benda ad elasticità corta ). Questo  si comporta come un bendaggio ad elasticita’ media, pur mantenendo alte pressioni sia di riposo che di lavoro e può essere impiegato per lunghi periodi. Naturalmente si deve valutare : la compliance del paziente , la deambulazione, la presenza di lesioni cutanee, il tipo di cute, la collaborazione della famiglia, le indicazioni e le controindicazioni

Bisogna poi stare attenti  a non provocare  ischemiae da bendaggio perf eccesso di compressione ,

A volte il paziente può essere allergico  nei confronti di paste o collanti.

sistemica. Si possono  notare  lesioni cuutanee sulla cresta tibiale e tendini estensori.

Bisogna anche stare attento se vedete edema del piede  generalmente dovuto a bendaggio troppo arretrato sull’avampiede, che può divinire grave se associata ad alta compressione.

Possiamo anche eosservare delle tendinite che si presentano con dolore nei

movimenti. Raramente si può avere anche una paralisi o una paresi  del nervo SPE  per compressione sulla testa peroneale in bendaggi troppo alti. Si manifesta con deficit della flessione plantare (piede cadente) e regredisce in 1-2 mesi. 

 
RELAZIONE SULLA EFFICACIA SCIENTIFICA E SUI VANTAGGI ECONOMICI DELLA OSSIGENOTERAPIA TOPICA NORMOBARICA PER LA TERAPIA DELLE ULCERE TROFICHE DEGLI ARTI INFERIORI
 

 

RELAZIONE SULLA EFFICACIA SCIENTIFICA  E SUI VANTAGGI ECONOMICI DELLA OSSIGENOTERAPIA TOPICA NORMOBARICA PER LA TERAPIA DELLE ULCERE TROFICHE DEGLI ARTI INFERIORI

 

La patologia: di cosa si parla

 

I problemi vascolari legati a deficit arterioso e all’insufficienza venosa a carico degli arti inferiori rappresentano la causa principale delle lesioni trofiche degli arti inferiori.

Le cause di tale lesioni sono in ordine di frequenza:

  • insufficienza venosa,
  • deficit arterioso,
  • diabete, traumi
  • decubiti
  • iatrogeniche e neoplastiche

 

 

Epidemiologia: frequenza statistica e numeri

 

Tale patologia rappresenta un grosso problema medico ma anche sociosanitario. Si stima che in Italia tale patologia colpisca l’1,5% della popolazione e il 5% della popolazione sopra i 65 anni, con un calcolo approssimativo di circa due milioni d’individui coinvolti nel problema (P.D.L. N 4409/2003). La diffusione di tale malattia è strettamente correlata tanto all’invecchiamento della popolazione, quanto alle condizioni di vita e al livello di cultura di base degli individui che ne sono potenzialmente soggetti.

Il malato con tali lesioni, che per definizioni sono croniche, è spesso inabile, sofferente, depresso, in quanto tale patologia rende problematica la sua esistenza,  ne provoca uno scadimento della qualità della vita, e coinvolge pesantemente l’ambiente familiare per la continua necessità d’assistenza, accompagnata da un decorso lento e non ben definito.

 

Il problema per la società: i costi

 

Le ulcere degli arti inferiori sono tra le patologie che incidono maggiormente sul costo della sanità: in quanto;

  • sono di difficile cura perché spesso non si può eliminare la loro causa;
  • il loro miglioramento dipende dalle risposte individuali, dall’età e dalle patologie associate oltre dalle cause e concause.

I costi possono essere;

  1. diretti (cure e materiali utilizzati, reparti e servizi pubblici o convenzionati, medicina di base, assistenza domiciliare integrata e residenze sanitarie per anziani, spese per diagnosi

2. indiretti con giornate lavorative perse sia dal paziente sia dai familiari coinvolti ed eventuali costi per assicurazioni.

E tali costi oltre ad essere cronici sono e saranno in aumento dato l’invecchiamento della popolazione.

 

 

 

Terapie attualmente a disposizione

 

TALI SONO:

  • terapie primarie rivolte a risolvere o a migliorare le cause e le concause (farmaci vasoattivi, diabetici, farmaci che agiscono sulla viscosità del sangue, vasodilatori ecc…) farmaci e presidi per le medicazioni (pomate, garze, fasciature, presidi medicati ecc…) e farmaci per le complicanze (anticoagulanti, antibiotici)
  • terapie chirurgiche volte alla detersione delle lesioni o alla riparazione delle stesse (chirurgia plastica)
  • ossigenoterapia attuata nelle camere iperbariche che da buoni risultati, ma è di difficile attuazione per la scarsa reperibilità e per le controindicazioni generali (organiche e psicologiche) che ne limitano l’utilizzo.

 

 

Conseguenze sociosanitarie di trattamenti inadeguati

 

L’esito potenzialmente negativo di un trattamento insufficiente comporta implicazioni gravi per il paziente (infezioni, cancrena, amputazioni e in ogni caso complicanze sanitarie e relazionali) ma anche per i familiari (vita di relazione, effetti psicologici e costi per assistenza e aiuti) e per il sistema sanitario nazionale (maggiori costi per le complicanze.

 

Terapia alternativa possibile attualmente

 

Negli ultimi  anni abbiamo sperimentato l’ossigenoterapia normobarica per via topica, che da terapia tradizionale di comprovata efficacia ma d’uso empirico, si sta affermando come terapia senza alcuna controindicazione, a costi modesti, d’uso facile e alla portata di tutti, con vantaggi sia  per il paziente (risultati ottimali) sia per il Sistema Sanitario Nazionale (costi minimi in quanto praticabile anche a domicilio da personale non medico).

 

Differenza di costi fra ossigenoterapia con camera iperbarica e ossigenoterapia con camera normobarica.

 

I costi vanno quantificati sia il paziente sia per la famiglia che per il Sistema Sanitario Nazionale.

  • Per il paziente e la famiglia si tratta di spese legate al trasporto del paziente alla Camera Iperbarica che  mediamente impegna mezza giornata tra viaggio e tempo della terapia; trattasi di spesa viva di trasporto e di spesa sociale per impegno di una persona per mezza giornata.
  • Per quanto riguarda il SSN dobbiamo considerare che il paziente può essere trasportato da mezzo pubblico (ospedale o Comune) alla Camera iperbarica e che tale trasporto implica la spesa del mezzo, dell’autista e del personale paramedico che per legge lo deve accompagnare.

Il costo comunque  a carico del SSN è quello legato all’uso della Struttura che ospita la Camera Iperbarica, le Camere Iperbariche, salvo poche eccezioni, sono di proprietà di strutture private convenzionate con il SSN.

 

 

 

 

 

 

Normalmente alla Struttura che gestisce la camera Iperbarica viene riconosciuto un costo di 90 € a seduta e normalmente sono previsti cicli di 60 sedute; tali sedute vengono eseguite per motivi contingenti alla Struttura 5 giorni su sette (dal lunedì al venerdì). Il costo di 90 Euro comprende l’uso della Camera Iperbarica comprensivo del personale medico e paramedico che deve essere presente per legge, a questo costo  deve essere aggiunto il costo del trasporto dell’assistito che può essere a carico del SSN o della famiglia. 

 

Il costo della Camera Normobarica se eseguita a domicilio comporta l’azzeramento delle spese di trasporto del paziente.

 

Rimangono quindi solo i costi dell’uso della Camera Normobarica e dell’ossigeno. I costi delle medicazioni e dei controlli medici sono in teoria invariati ma in pratica verrà dimostrato come il tipo e le modalità di trattamento possano far diminuire anche i costi di medicazione e personale medico e paramedico.

 

I costo dell’uso della Camera Normobarica da noi attualmente praticato al paziente è di  160 € mensili + IVA  (con  uso di 30 giorni su 30 il mese) a quali vanno aggiunti 90 € d’ossigeno: in sintesi  250 € il mese per una cifra di 8 € il giorno.

           

Il costo pro/terapia per il S.S.N. è di 90 € a seduta con la Camera Iperbarica e sarebbe di soli € 8 con la Camera Normobarica, si evince un risparmio  applicazione/paziente di 82 €  con ulteriori vantaggi quali;

  • il risparmio dei costi sociosanitari del trasporto;
  • la continuità terapeutica senza interruzioni per 30 gg il mese, tra la tranquillità del proprio ambiente di vita e senza traumi;
  • la facilità di diffusione con la possibilità di raggiungere tutti quei pazienti eleggibili (si calcola  200.000 in Italia), che al momento non possono curarsi con l’ossigeno per la scarsa disponibilità di Camere Iperbariche nel territorio, (quest’ultime utilizzate circa all’ 80% per curare ulcere croniche)

 

Si fa presente che attualmente sono in terapia in Camera Iperbarica per tali patologie un numero variabile tra i 20.000 e i 30.000 pazienti  annui nel nostro paese, questo numero ridotto rispetto ai 200.000 casi eleggibili è determinato da limitazioni per controindicazioni mediche e per problemi economico-sociali(disponibilità delle Camere Iperbariche, distanze, costo dei trasferimenti.)                            

 

Ma il risparmio che si può ottenere è ancora maggiore. Infatti si è potuto vedere (vedi Progetto di Legge N 4409) che i costi maggiori sono assorbiti dalle spese da parte del personale medico e paramedico seguiti  dalle spese per le medicazioni varie. Nel caso delle terapia con Ossigeno per via topica,  i protocolli riducono al minimo l’uso di personale medico e paramedico e l’uso di vari presidi medici (come garze medicate, antibiotici, pomate ecc…),

in quanto è stato scientificamente dimostrato che:

l’ossigeno per via topica:

  • asciuga le ferite, stimola la granulazione dei tessuti ed incentiva la vascolarizzazione
  • la terapia è gestibile anche da un familiare del paziente stesso.

 

 

 

Ulteriori risparmi

 

 

COSTO DEL PERSONALE

  • Per quanto riguarda il personale paramedico, (la spesa maggiore attualmente) l’assistenza si riduce alla collaborazione con il medico durante il solo controllo ambulatoriale o domiciliare che viene consigliato una volta ogni 15 giorni.
  • Lo stesso diconsi per il personale medico o specialistico che controlla ogni 15 giorni l’andamento della patologia e ne giudica il decorso.

 

COSTO DELLE MEDICAZIONI

Per quanto riguarda le medicazioni queste si possono dividere i medicazioni semplici, quelle che riducono l’essudato e quelle attive che non solo proteggono la lesione controllando l’essudato ma contribuiscono anche al processo di rigenerazione tissutale.

I costi sono variabili e spesso si è indotti ad usare medicazioni con costi inferiori senza considerare che il miglioramento o la guarigione di una lesione previene ulteriori spese a carico del SSN.

La linea guida del Royal College of General Practitioners dell’aprile del 2000 in U.K. suggerisce che gli operatori sanitari anche se non vi sono prove sufficienti a raccomandare una medicazione piuttosto che un’altra, devono usare le medicazioni che soddisfino esigenze cliniche, costi e esigenze del paziente e situazione della lesione.

Nella stessa Inghilterra il trattamento avviene generalmente a domicilio per ridurre la spesa delle istituzioni sanitarie,

 

Orbene nel protocollo della ossigenoterapia topica si sommano tutti questi consigli che troviamo nelle linee guida per il trattamento di tale lesioni nel Regno Unito, ovvero;

  • Si riduce la spesa Ospedaliera e quella del personale medico e paramedico.
  • Si usa un trattamento con efficacia e compliance del paziente e dei familiari con vantaggi non solo oggettivi (andamento della lesione) ma soggettivi (netta diminuzione dei sintomi e quindi con benessere del paziente, a costi nettamente inferiore ad altri trattamenti.
  • La medicazione viene semplificata in quanto non si usa alcuna medicazione passiva o attiva per ridurre o eliminare la essudazione e la sovrainfezione o stimolare il tessuto di granulazione; si usa infatti solo una medicazione semplice con fisiologica che ha il vantaggio di detergere la lesione per una utilizzazione migliore dell’ossigeno topico, lasciando all’ossigeno stesso il compito di ridurre la infezione, la essudazione e stimolare il tessuto di granulazione.

 

In sostanza si ottengono risparmi considerevoli sulla spesa sanitaria del personale medico e paramedico e sul costo delle medicazioni.

Entrambi questi parametri e questi risparmi sono difficilmente quantificabili in quanto attualmente non ci sono protocolli standardizzati di diagnosi e di terapia e di assistenza.

Ma si può quantificare facilmente un risparmio dal 30 al 50% sulla spesa di personale medico e paramedico ed un risparmio superiore al 50% per quanto riguarda la spesa per medicinali.

A questi risparmi si deve sommare il risparmio quantificabile per paziente che utilizzi la camera normobarica rispetto alla camera iperbarica.